Ombra e Umanità

Marie - Louise Von FranzMarie – Louise Von Franz

Ne “Il Mondo dei Sogni” Marie-Louise Von Franz scrive che “quando impariamo a conoscere la nostra Ombra e a viverla un po’ di più, diventiamo più accessibili, naturali, umani, completi, poiché l’Ombra ci rende uomini tra gli uomini e umani, semplicemente umani”. Premesso che quando parliamo di Ombra parliamo di un qualcosa di articolabile su più livelli, ovvero potremmo distinguerla in una più personale da una più collettiva/archetipica, e premesso che essa non coincide necessariamente con qualcosa di negativo, vale la pena soffermarsi a riflettere con più attenzione sull’affermazione della Von Franz. A tal proposito potremmo chiederci, perché una componente psichica che rimanda comunque a qualcosa di poco chiaro, poco conosciuto, dal sapore vagamente inquietante, che un grandissimo come Carl Gustav Jung ha definito “il fratello oscuro” dentro di noi, dovrebbe arricchire e ampliare la nostra umanità?

Una possibile risposta la troviamo nella stessa psicologia junghiana. Jung ritiene che l’Ombra venga generalmente e automaticamente proiettata all’esterno, cioè non vista dentro di sé ma solo all’esterno. Tale attribuire qualche tratto solo agli altri crea non poche difficoltà a livello psicologico, poiché, così facendo, è come se si avesse un’idea falsata di sé stessi, basata per lo più su quanto piace vedere sul proprio conto. Comprensibilmente, un pochino a tutti piace immaginarsi generosi, altruisti, coraggiosi, intelligenti, buoni, educati; meno facile notare che non sempre è così. Un piccolo esempio. Immaginiamo una riunione di condominio, situazione in cui quasi tutti possono incappare. C’è da discutere qualche faccenda economica, ed ognuno è portato a pensare che l’altro sia interessato solo a tutelare i suoi stessi interessi. Se questo aspetto – che detto per inciso può essere benissimo presente – viene visto solo nell’altro, il clima può divenire subito teso. Si diventa con facilità aggressivi, duri, poco inclini verso il riflettere con calma; e così non sarà né semplice trovare una soluzione alle difficoltà condominiali, né sarà facile mantenere buone relazioni personali tra condomini. Diversamente, se si è disposti a vedere anche in sé stessi la tendenza a guardare i propri interessi senza vedere soltanto negli altri tale caratteristica, con ogni probabilità sarà più facile raggiungere un qualche accordo soddisfacente per tutti. Nel primo caso, tornando ad un linguaggio psicologico, potremmo dire che un’Ombra di egoismo venga vista solo negli altri; nel secondo si è disposti a riconoscere che tale egoismo é presente anche in sé e ciò indubbiamente agevola il procedere comune.

In altre parole, non osservare aspetti ombrosi dentro di sé fa correre enormemente il rischio di perdere un certo senso della misura. E’ come se, per alcuni versi, ci si ponesse in una posizione psicologica troppo elevata, e tale altezze in genere costituiscono la premessa di disastri psicologici.  Una spia comune di questo stare troppo in alto la rintracciamo nell’avere un atteggiamento eccessivamente giudicante. Pensiamo per esempio al ruolo di questo giudicare nelle relazioni: la gelosia – che da una certa angolazione è una forma di giudizio – è un continuo accusare senza volgere lo sguardo dentro di sé. E’ un costante: “Tu hai flirtato con lui/lei…”; “Ti sei vestito/a così o colà…”; e via dicendo. Naturalmente questo guardare sempre altrove non è di aiuto perché è evidente che una gelosia eccessiva e fuori misura finisce con il logorare la relazione, che è in ultimo poi il dramma tanto temuto dalla persona gelosa. Sarebbe quindi opportuno volgere la propria attenzione verso di sé chiedendosi: “Parlo così perché è un certo senso di inferiorità a farmi pensare così?” ; oppure “Tale voglia di altre relazioni che credo animi l’altro/a è una pulsione che invece mi caratterizza?”; oppure ancora “Sono dominato/a da un desiderio di controllo assoluto dell’altro/a?”; o ancora: “I miei sogni cosa mi dicono sul mio conto?”. Domande scomode e penose anche, ma che hanno il pregio di rimettere quanto si sta vivendo in una prospettiva che permetta di comprendere realmente il come si sta in quella specifica relazione.

In sintesi, “non si raggiunge –citando ancora Jung – l’illuminazione immaginando figure di luce, ma portando alla coscienza l’oscurità interiore”. Il processo del divenire coscienti della propria oscurità passa per il fermarsi, in quanto tale arrestarsi evita che le proiezioni avvengano da sé. Non è affatto semplice farlo, poiché comporta notare aspetti spesso sgradevoli di sé su cui in genere appunto ci si sofferma poco. Piccole grandi invidie che si nascondono dentro commenti velenosi; ambizioni personali non sempre particolarmente nobili; qualche vanità di troppo; piccole meschinità; paure non sempre fondate; egoismi vari e via dicendo; fermandosi a riflettere sull’Ombra iniziano a balzare in primo piano e ciò in qualche modo è faticoso. Lo è perché richiede pazienza verso sé stessi, poiché – se c’è onestà psicologica nel prendersi in considerazione – non si può che concludere che tutto sommato non si è questo gran spettacolo.

Anche se molto impegnativo, vedere tutto ciò, con il tempo, paradossalmente, si rivela un qualcosa di positivamente trasformativo: con il fatto che questi tratti di Ombra non vengano agiti – cioè non vengano attribuiti solo agli altri – depotenzia l’Ombra stessa rendendola meno scura e buia. Il contatto con l’Ombra senza tramutarla in rapide azioni esterne, rende infatti più pazienti poiché essa ha messo a dura prova la nostra pazienza; rende più tolleranti poiché si è fatta esperienza diretta del quanto a volte sia impegnativo riuscire ad accettare, il che è diverso da agire, le emozioni, i pensieri, le pulsioni che ci abitano. Il vedere i propri lati di Ombra rende infine meno granitici, meno unilaterali nella visione che si ha di sé stessi; apre e abitua alla complessità psichica, e il riconoscere tale insita complessità nell’uomo favorisce una migliore predisposizione verso gli altri, proprio perché si riesce a capire che anche gli altri sono internamente corredati di una complessità simile. In altre parole, il contatto con l’Ombra può aiutare nel divenire più saggi psicologicamente.

Marie -Louise Von Franz, in una toccante e confidenziale intervista rilasciata nel 1982, racconta il primo sogno avuto dopo essersi trasferita nel verde naturale e nel silenzio della piccolissima Bollingen: sognò la sua casa circondata da un insieme di scimmie immerse in un’atmosfera di festa. Nel commentare questo suo sogno ha detto che esso le “ha risvegliato il sentimento di essere un animale tra gli animali”. In un certo senso l’Ombra può esercitare proprio l’effetto benefico descritto da questa grandissima studiosa e analista: ci ricorda il nostro essere parte del tutto, e non il tutto; ci rammenta di essere abitanti del pianeta, e non il centro del mondo. L’Ombra, in sintesi, aiuta talvolta l’uomo nel ritrovare un rapporto più equilibrato con quanto lo circonda, sia che si tratti di natura, sia che si tratti di persone e animali. In questo senso, paradossalmente, finisce, nel momento in cui si ha consapevolezza della sua presenza in noi, con il renderci persone migliori, nel senso di più capaci di essere autenticamente aperte agli altri e alla vita.

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