Considerazioni Psicologiche su “Franny e Zooey” di Jerome David Salinger

Jerome David Salinger in “Franny e Zooey” mostra, come si era già visto ne “Il Giovane Holden”, un’incredibile maestria narrativa: raccontando solo una serata in cui Franny esce con il fidanzato Lane e una mattinata in casa Glass, riesce, grazie ad una serie di dialoghi tra i protagonisti, a farci conoscere, quasi come potessimo vederli, Franny e Zooey e gli altri membri della famiglia, nonché le vicende le principali vicende che li hanno riguardati. Veniamo così a conoscenza della traumatizzante morte suicida di Seymour, il maggiore dei fratelli sia per età anagrafica che per statura culturale e spirituale; di Buddy, il secondo dei fratelli e il più vicino a Seymour per formazione e spirito, divenuto nel frattempo uno scrittore affermato quasi sempre lontano fisicamente, ma la cui presenza emotiva è ben sentita poiché sembrerebbe la figura che più di altri potrebbe essere di aiuto nel superare il lutto di Seymour; dell’incapacità della madre Bessie, per quanto sinceramente preoccupata per i figli, di entrare profondamente in relazione con essi; dell’assenza di fatto del padre, il cui tempo pare essersi fermato a quando i figli erano fanciulli; della circostanza che tutti i figli, 7 in totale, hanno partecipato ad almeno una volta ad un’edizione di “Un Bambino Eccezionale”, programma televisivo dove in qualche modo venivano sfoggiate qualità culturali.

Un racconto “Franny e Zooey” così denso, serrato, da rendere il lettore un osservatore vicino a quanto accade; leggendo il romanzo si ha infatti quasi la sensazione fisica di essere in casa Glass. Una posizione privilegiata dal punto di vista psicologico, poiché mette in condizione di avanzare delle riflessioni psicologiche sui giovani protagonisti.

Franny è in crisi manifesta. Lei è una studentessa al college, una sera deve incontrare il suo fidanzato Lane Coutell ed è sempre più inquieta. Parlando con lui, che al contrario di Franny pare trovarsi perfettamente a suo agio nell’ambiente universitario, è come se le divenisse sempre più palese il suo faticare a capire il mondo che la circonda e sé stessa. Ha la sensazione che tutti recitino, ovvero che si calino nel ruolo o dello studente intellettuale o del poeta maledetto senza che il tutto corrisponda ad un reale sentire, come se essi indossassero una maschera necessaria per ottenere una buona considerazione dagli altri e/o per raggiungere una buona posizione sociale in seguito. Franny, invece, ha fame di autenticità e sarebbe desiderosa di conoscere la propria e altrui soggettività, ma di tutto ciò non vede traccia: “Per cortesia, non odiarmi solo perché lì per lì non mi ricordo di una persona. Specialmente se questa persona assomiglia a tutti gli altri e si veste e si comporta come tutti gli altri…Tutto quello che la gente fa è così…non so: non sbagliato, no. Neppure stupido, e nemmeno meschino. Solo così insignificante, così minuscolo, così…deprimente.”

Poco oltre nella conversazione, Franny racconta a Lane di aver rifiutato la parte principale che le era stata assegnata per uno spettacolo teatrale perché le “sembrava una tale mancanza di buon gusto fare la protagonista. Insomma, tutto quell’ego.” Perché lei vede ovunque, in tutti, che sia l’ego di essere visti e ammirati a farla da padrona, che sia l’ego, in sostanza, il motore che muove l’agire di chiunque. E ciò la terrorizza: “Sono stufa di tutti questi ego, ego, ego. Del mio e di quello di tutti gli altri. Sono stufa della gente che vuol arrivare da qualche parte, fare qualcosa di notevole eccetera, essere un tipo interessante. E’ disgustoso, disgustoso e basta.” Il fidanzato le risponde dicendole che dietro le sue parole può esserci paura, in particolare paura della competizione e Franny reagisce spazientita, spiegandogli che il vero punto non è il timore della competizione, bensì il fatto che essa possa piacerle, così come possono piacerle gli applausi: “Non ho timore della competizione. E’ proprio il contrario. Ho paura di volerla la competizione, è questo che mi terrorizza…e proprio perché mi piace sentirmi applaudire e acclamare, vuol dire che qualcosa non va…Sono stufa di non avere il coraggio di non essere nessuno e basta. Sono stufa di me e di tutti quelli che vogliono fare colpo, in un modo o nell’altro.” Franny è in crisi perché non vuole essere come gli altri, ma nel momento in cui vede che questi altri accettano senza difficoltà i valori promossi dal suo contesto culturale ed è solo lei ad essere diversa, non può che venirle il dubbio che sia lei ad essere anomala. Più e più volte ripete: “Forse sto diventando matta. Forse lo sono già.” 

In tutto questo periodo di crisi esistenziale, che naturalmente precede la sola cena con Lane, – a raccontarlo è direttamente lei – l’unica cosa che continua a trovare interessante e capace di parlare alla sua anima è un libricino dell’Ottocento russo, Viaggio d’un pellegrino. Questo volumetto narra di un giovane contadino vedevo che sente la necessità di imparare a pregare e che per farlo è disposto ad andare incessantemente in giro fino a quando non avrà trovato qualcuno in grado di insegnargli l’arte della preghiera. Questo qualcuno lo troverà in un monaco che gli svela come farlo: deve ripetere costantemente “Gesù Cristo, mio Signore, abbi pietà di me”, e da lì – gli dice il monaco – qualcosa si aprirà nel cuore. Franny intuisce che in questo suggerimento c’è qualcosa di prezioso, ma non sa come applicarlo alla sua vita di tutti i giorni: è come se intuisse che avrebbe bisogno di un rinnovamento spirituale, nel senso laico del termine, ossia che avesse necessità di avere un modo diverso di guardare sé stessa e il mondo, ma non sa come farlo, non sa cioè tradurre tutto ciò in qualcosa di concretamente spendibile nella sua vita che si svolge negli Usa del 1960 e non nella Russia dell’Ottocento. In parole riassuntive, Franny non vuole essere come gli altri, ma non sa come essere diversa poiché non sa in che direzione muoversi. E questo per lei è un bel problema: la angoscia e la schiaccia al punto da toglierle, in generale, l’appetito. Non tocca cibo, né durante la serata con Lane, né in altre occasioni, come ben si capisce dal racconto. Così finirà con il sentirsi male durante la serata con Lane, il quale l’aiuterà a tornare a casa con l’ambulanza in modo che possa riposare tranquilla.

Come si vede Franny sta male, soffre intensamente. Come uscirà dalla crisi? E qui subentra la seconda parte del romanzo. Tornata a casa, Franny dorme sul divano in salone mentre la madre Bessie insegue letteralmente Zooey in bagno per convincerlo a parlare con la sorella, perché sa bene che lei non riuscirebbe ad aiutarla in alcun modo a risollevarsi dal suo stato. Solo dopo molte insistenze Zooey accetta. Lo fa malvolentieri, perché di fondo lui è arrabbiato. Lo è per la morte di Seymour e lo è per gli insegnamenti zen ricevuti da lui e Buddy. Ritiene che quest’ultimi lo abbiano sì reso un essere pensante capace di esprimere un pensiero critico, ma altresì si dice certo che l’abbiano condotto ad essere troppo incline al giudicare tutto e tutti. Se ne rendo conto: “Noi non parliamo, dissertiamo. Non conversiamo, diamo spiegazioni,” dice a Franny. Se ne rendo conto, così come si rende conto “di far la parte dell’anima nera nella vita degli altri”, ma non riesce a far diversamente. Demolisce tutto Zooey: i suoi spettacoli, i suoi collaboratori, il pubblico, la sua famiglia, sé stesso. Questo modo di agire e comportarsi non risparmia neanche Franny. Nel parlare con la sorella, prima sospetta in maniera cruda che la sua crisi sia solo un modo per non terminare gli studi e in un secondo momento osserva che anche il pregare può essere strumentalizzato in maniera narcisistica per elevarsi in un modo non dissimile da altre attività più “terrene” tanto criticate da Franny. C’è una punta di cattiveria nei suoi giudizi/commenti, pare che vengano emessi più per colpire che non per aiutare l’altro, chiunque esso sia. Solo in rari momenti pare fare un uso migliore della razionalità, ovvero quando fa notare a Franny che sarebbe per alcuni versi masochistico rinunciare ad una vera passione, il teatro per la sorella, solo perché in essa potrebbe annidarsi qualche motivazione narcisistica. Nel complesso però, come dicevamo poc’anzi, è in crisi anche lui, nonostante non presenti sintomi eclatanti come Franny, perché avverte che la sua rabbia giudicante l’ha ancorato ad una fase della vita – “non siamo mai usciti da quella dannata radio” afferma -, ma non sa come adottare un atteggiamento psicologico diverso.

E solo parlando che riescono ad aiutarsi vicendevolmente con Franny che per prima riesce a lanciare dei semini che poi insieme riusciranno a far germogliare: la ragazza fa notare che la conoscenza dovrebbe rendere più saggi ed esprime la fantasia/desiderio di voler parlare con Seymour, il fratello suicida. Zooey rimane a riflettere sulla relazione tra conoscenza e saggezza, mentre pare basito dinanzi al desiderio di Franny di contattare Seymour. Però questi semini cambiano l’inerzia della loro conversazione e smuovono qualcosa, non a caso subito dopo accade una cosa curiosa: Zooey va alla finestra e assiste ad una scena colma di gioia, ossia una bambina che viene festeggiata dal suo cane, ed improvvisamente è come se si scuotesse dal suo torpore psicologico. Come se stesse riscoprendo in quel momento un’antica verità, osserva: “Accidenti, ce ne sono di cose belle al mondo. E quando dico belle intendo belle. Siamo degli idioti a svicolare sempre dalle cose. Sempre, sempre, sempre lì ad annotare tutti gli accidenti che capitano al nostro piccolo e schifoso io”. Da lì in poi Zooey inizia ad essere meno sentenzioso con Franny, e soprattutto pare raccogliere l’idea di contattare Seymour trovando il coraggio di entrare nella stanza, chiusa da anni, del fratello morto. Nella stanza rilegge bigliettini e appunti “religiosi” sparsi qua e là e ritrova in essi qualcosa di vivo e nutriente per lo spirito. Per esempio, apprezza laddove trova scritto che non si lavora solo per il risultato poiché il lavoro ha a che fare in maniera più ampia con una persona. Altresì coglie che seguire la propria strada, per quanto tortuosa sia, è comunque in qualche modo un piacere. Capisce ciò, e cerca di condividerlo con Franny, in un modo piuttosto curioso. Va in un’altra stanza della casa e simula una telefonata di Buddy a Franny, lei lo scopre ma la conversazione, almeno per un pochino, va avanti comunque e si rivela un dialogo vero in quanto cercano di ascoltarsi veramente. Franny percepisce ciò, ossia di essere ascoltata realmente, e per lei questo essere ascoltata con partecipazione emotiva costituisce già di per sé un aiuto.

Conclusa la telefonata, si rivedono ed insieme rievocano una lezione di Seymour: le cose, anche quando non si vogliono fare, si fanno per la Signora Grassa. Lo diceva ad entrambi quando erano fermi e bloccati davanti ad un compito o altro, era il suo modo per spingerli in avanti. Ricordano entrambi che funzionava questo tirare in ballo questa Signora Grassa da parte di Seymour, e quindi, in un clima di ritrovata complicità tra fratello e sorella, iniziano a confidarsi come l’avessero immaginata e scoprono che l’avevano visualizzata in maniera piuttosto simile. Mentre celebrano la Signora Grassa, quasi improvvisamente Zooey si illumina e confessa una sua intuizione di cui pare tuttavia coglierne la portata proprio solo nel momento in cui la dice ad alta voce: “Ma ti dirò un terribile segreto, mi stai a sentire?…Non c’è nessuno, in nessun luogo, che non sia la Signora Grassa di Seymour…E lo sai, stammi bene a sentire, adesso, lo sai chi è veramente la Signora Grassa?…A sorellina, sorellina. E’ Cristo in persona. Cristo in persona, sorellina”.

Davvero curioso a prima vista questo accostamento tra Gesù e la Signora Grassa, che già dal nome pare molto lontana dalla perfezione che la figura di Cristo sembrerebbe invece evocare. Tuttavia, se ripensiamo alla frase impressa nelle mente di Franny, “Gesù Cristo, mio Signore, abbi pietà di me”, l’accostamento comincia a suonare molto meno improbabile, poiché la pietà che si implora nella preghiera, e che deve essere salvifica, fa pensare che la pietà sia anche verso i propri difetti e limiti. Nel chiedere pietà all’umanissima figura di Gesù, a lui che ne era così colmo se consideriamo il suo profondissimo amore per gli ultimi, si chiede in fondo anche di insegnarci ad avere pietà verso di noi. Una pietà, di cui avremmo molto bisogno, intrisa in sintesi di accettazione e di umana simpatia. Qualità quest’ultima, tornando alla Signora Grassa che, vista la sua stazza, immaginiamo non le faccia difetto. Da una prospettiva psicologica possiamo così ipotizzare che entrambe le figure, Gesù e la Signora Grassa, siano capaci di avere una relazione con ciò che non è necessariamente luminoso e positivo, ovvero di saper vedere e accettare l’Ombra del mondo senza che questo spazzi via tutta la luce e la Bellezza che in esso c’è. Anzi, forse nel loro caso è proprio questo riuscire a vedere l’Ombra che fa apprezzare ancor di più la Bellezza che comunque ci circonda ed è presente in noi.

Qualcosa del genere, ovvero questo riuscire ad avere un buon rapporto psicologico con l’Ombra della società, pare verificarsi anche in Franny e Zooey con la riscoperta della Signora Grassa. Ripescandola nella memoria paiono ottenere un duplice risultato: da una parte rivalutano gli insegnamenti di Seymour, superando così il loro drammatico lutto, nondimeno riconquistano un’umanità diversa verso sé stessi e gli altri divenendo in genere più accoglienti. Verso la fine del racconto essi danno infatti la netta sensazione di aver ritrovato energia grazie ad un rimettere insieme materia e spirito, testa e cuore, e grandi ideali e piccole vanità. Franny per esempio dà l’idea che non abbandonerà il teatro e gli studi solo perché in queste attività compare anche il narcisismo dell’uomo, così come Zooey pare dispos to a vedere un po’ più di luce begli altri, e in sé, anche se tutti sono lontani da un’idealistica perfezione. E ciò, questo rimettere insieme i pezzi, li rimette in carreggiata. Questa pare una grande lezione esistenziale che si può trarre da Franny e Zooey, e ricordarcelo può talvolta essere utile a tutti noi.

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