“Tra Arte e Follia: l’Importanza dell’Avere una Visione”
Ciclo Conferenze Cliniche A.R.P.A.
Roma, 10 Gennaio 2022
A cura di: Dr. Luca Zucconi
Leggendo e approfondendo la biografia di diversi grandi artisti notiamo come le loro vite siano state tormentate, sofferenti, e con episodi di psicosi, o comunque con qualcosa di molto prossimo ad essi. Se pensiamo per esempio, anche senza risalire troppo indietro nei secoli, a Vincent Van Gogh, a Edvard Munch, a Antonio Ligabue o a Louis Waine, non possiamo non vedere come siano stati artisti sull’orlo del baratro della follia, se non addirittura talvolta caduti dentro il baratro stesso.
In breve, le strade dell’arte e quelle della follia talvolta si incrociano e si sovrappongono a tal punto che diventano poco distinguibili. Questo incrocio di strade, questa possibile correlazione tra arte e psicopatologia ha suscitato da sempre interesse, basti pensare a Sigmund Freud, a Karl Jaspers, a Carl Gustav Jung, a Melanie Klein, a Donald Winnicott, A Wilfred Bion, a Hannan Segal, a Erich Neumann per rimanere sui più conosciuti, negli studiosi di processi psichici profondi perché entrambe paiono originare da quell’area inconscia della psiche che non è così facile da conoscere e comprendere. In sintesi, è un po’ come se arte e psicopatologia sgorgassero da una medesima sorgente di cui non sempre si riesce a cogliere la direzione in cui scorre.
Naturalmente, però, tantissimi artisti non sono folli, e tantissimi folli non sono artisti. Il che fa domandare se l’arte, dato che origina dalla stessa area della psicopatologia, sia in realtà un tentativo della psiche di curare e guarire una storia esistenziale di uno specifico individuo che di per sé sarebbe destinato ad un inesorabile scivolare verso una forma di psicopatologia. Talvolta infatti l’arte e la creatività nella vita di una persona, come può esserlo stato nel caso di Carlo Levi, divengono una visione simbolica che guida la comprensione di sé e la comprensione di sé rispetto al mondo, rivelandosi così un vero e proprio toccasana per un’intera personalità altrimenti a rischio psicopatologia per una serie di eventi di per sé traumatici.
In questa presentazione viene sostenuta quest’ipotesi attraverso il racconto di un caso clinico di una persona estremamente creativa.