Paura e Coraggio

paura-coraggioLa paura può essere definita come un’intensa emozione generata dalla percezione soggettiva di un pericolo. E’ così universalmente diffusa da essere rintracciabile, non solo nell’uomo, ma anche in numerosi animali. La paura è un’emozione governata prevalentemente dall’istinto, ed ha come fine ultimo il proteggere l’esistenza fisica e psicologica dell’individuo. L’uomo conosce la paura da sempre, il neonato inizia a sperimentarla fin dalle sue prime ore di vita. Tendenzialmente si può affermare che ogni età ha le sue paure. Per esempio, un neonato ha istintivamente paura dei rumori forti; un bambino di 8 mesi soffre la presenza degli estranei; un bambino di due-tre anni sovente teme il buio; intorno ai 4-5 anni un bambino inizia ad avere paura dei fantasmi, e, nel caso in dovesse aver perso un nonno o una persona cara, della morte; un bambino più grande può avere paura delle punizioni, non diversamente da come un adolescente può spaventarsi per le mutazioni del suo corpo o può essere terrorizzato dal giudizio degli altri. Si potrà notare come in tutte queste circostanze, il bambino o l’adolescente, “avvicinandosi” a ciò che suscita la sua paura ha l’opportunità di conoscere meglio il mondo e quindi di crescere. Detto in altre parole, le paure oltre ad avere una funzione protettiva ci pongono dinanzi alla necessità di compiere dei passaggi evolutivi. Passaggi evolutivi che vengono per lo più realizzati attraverso una maggiore conoscenza e consapevolezza di ciò che viene temuto. Per esempio, il già citato bambino che teme il buio quando inizierà a familiarizzare con la notte e a capirne la funzione ristoratrice, avrà buone possibilità di superare la sua paura del buio.
Per quanto le paure siano protettive e utili, talvolta si tramutano in un’ansiosa paralisi. Ciò generalmente accade in quelle situazioni in cui si ha la percezione soggettiva di essere dinanzi a qualcosa senza via d’uscita. Se pensiamo per un attimo al modo in cui si tende a parlare della paura, quanto affermato diviene più facilmente comprensibile. Per esempio, siamo soliti parlare di paura di crescere, paura di amare, paura del futuro, paura della mancanza di senso. In tutte queste occasioni è come se l’individuo fosse “paralizzato” da un qualcosa che ritiene più grande di se. Talvolta una persona non è più in grado di amare perché ciò può voler dire correre il rischio di soffrire, un’altra persona può temere il futuro perché il presente l’ha già frustrato a lungo, un’altra non vuole crescere perché potrebbe significare staccarsi da alcune relazioni, e via dicendo.
Cosa può essere di aiuto in tutti questi casi? Il coraggio. Ovvero, quello stato mentale che non coincide con l’assenza di paura, bensì con la consapevolezza che esiste un qualcosa di più importante della paura. Pensare che il coraggio consista nell’assenza di paura è un’illusione: come ha correttamente osservato Anna Oliviero Ferraris, coloro che non sperimentano mai la paura non sono dei coraggiosi, sono più semplicemente degli incoscienti ignari dei rischi che possono correre.

A questo punto verrà naturale chiedersi: come ci si può armare di coraggio? Per rispondere a questa domanda bisogna premettere che così come esistono diverse forme di paura, esistono anche differenti modi per manifestare il proprio coraggio. Se ricorriamo ad un esempio mitologico, possiamo cogliere meglio quanto appena affermato. Achille e Ulisse, due grandi eroi della mitologia greca, hanno un coraggio molto diverso l’uno dall’altro. Achille e’ un semidio, figlio della titanide Teti, che in seguito al suo esser stato immerso nel fiume Stige diviene invulnerabile, fatta eccezione per il suo famoso tallone. Il suo coraggio si basa sulla consapevolezza della sua smisurata forza e sulla necessità di essere fedele agli ideali Achei di cui era profondamente intriso. Il coraggio di Ulisse non poggia sulla forza bruta, bensì sull’intelligenza e sull’arguzia. Si pensi per esempio alla strategemma che utilizza per sconfiggere il gigante Polifemo: consapevole di non poterlo battere in una prova di forza lo inganna abilmente, prima dicendogli di chiamarsi “Nessuno”, e poi scappandogli sotto il naso. Tutto ciò per dire che ognuno di noi per superare le proprie paure paralizzanti deve tentare di stabilire un rapporto psichico con il proprio lato eroico, che potrebbe rivelarsi psicologicamente simile ad un Achille o ad un Ulisse, o ad un’altra figure eroica ancora. Si potrebbe obiettare che il lato eroico è qualcosa che appartiene soltanto agli eroi della mitologia. A ben vedere, è un qualcosa di connaturato alla psiche, in quanto parte integrante di quell’inconscio collettivo presente in tutti. Marie-Louise Von Franz, studiosa di psicologia analitica di primissimo piano, in un saggio in cui getta luce sulle qualità dell’eroe evidenzia come essi “sono contraddistinti da una vocazione che realizzano senza la minima esitazione.” (Von Franz, 1987, pag. 90). Ciò vuol dire che l’eroe non valuta in base alla convenienza del momento, agli elementi di realtà che caratterizzano una situazione, ai rischi che si possono corre, ma decide scegliendo ciò che si avvicina di più al suo sentire. In altre parole, è capace di aprirsi all’irrazionale, andando oltre quella che potrebbe essere una soffocante razionalità. E ciò è proprio quanto permette il passaggio dall’avere paura al trovare il coraggio, perché se la paura è razionale il coraggio porta in se un’illuminante irrazionalità.

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